Clausole sociali, online le linee guida Anac: “Recuperare le tutele per i lavoratori degli appalti”
I segnali premonitori non erano positivi e, purtroppo, le Linee Guida emanate da ANAC il 13 febbraio 2019 confermano l’orientamento che indebolisce il valore delle clausole sociali, il cui fine dovrebbe essere “promuovere la stabilità occupazionale del personale” (art. 50 Codice degli appalti pubblici).
Il provvedimento afferma che “l’applicazione della clausola sociale non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente, dovendo tale obbligo essere armonizzato con l’organizzazione aziendale prescelta dal nuovo affidatario. (…) Tale principio è applicabile a prescindere dalla fonte che regola l’obbligo di inserimento della clausola sociale.”
Un orientamento già sostenuto in precedenza da alcune sentenze del Consiglio di Stato e dalla stessa ANAC, fondato sulla teoria che i principi “della libera iniziativa economica e della concorrenza verrebbero giocoforza compressi laddove le clausole di riassorbimento fossero intesi in modo rigido”.
Ora ANAC aggiunge anche la considerazione che “l’applicazione rigida della clausola, anche ove apposta nel CCNL, è suscettibile di generare effetti distorsivi nell’ambito del procedimento selettivo, in quanto (…) i CCNL applicati dall’operatore uscente ed entrante potrebbero essere diversi”.
La scelta di ANAC rischia di vanificare il passo in avanti compiuto con il Codice degli appalti pubblici, anche in favore del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in luogo del massimo ribasso: se, infatti, si consente di ridurre l’occupazione negli appalti ad alta intensità di manodopera (seppure motivata da fattori organizzativi), inevitabilmente la competizione tra le imprese si sposterà sul costo del lavoro.
Quanto, poi, al CCNL applicato dagli operatori, occorre sottolineare che anche questo problema ANAC si esprime in modo contraddittorio: premette la facoltà per il datore di lavoro di adottare liberamente quale CCNL applicare (art. 39 Cost.), ma sostiene che l’azienda deve garantire in ogni caso “l’applicazione del contratto leader, quale standard minimo di tutela da garantire al lavoratore”. ANAC trascura che il Codice degli appalti pubblici stabilisce che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.” (art. 30 comma 4).
Quindi, il Codice degli appalti pubblici ritiene il CCNL “leader” riferimento generale – non solo per la clausola sociale – nella disciplina dei rapporti di lavoro.
Altro elemento negativo del provvedimento è l’affermazione secondo cui “la clausola sociale, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, non si applica al personale utilizzato, nel contratto cessato, da parte delle imprese subappaltatrici.”, motivata dalla considerazione che “in tale istituto difetta un legame giuridico diretto fra subappaltatore e stazione appaltante”.
Sebbene non sia particolarmente diffuso nei nostri settori e al di là del rilievo giuridico, certamente non si comprende perché venga preclusa una garanzia occupazionale nei confronti di questi lavoratori.
Infine, le Linee Guida si pronunciano anche sulle conseguenze del mancato rispetto della clausola sociale: ove si tratti di rifiuto espresso in sede di offerta, l’azienda ne sarà esclusa; qualora non sia applicata in sede di esecuzione dell’appalto, la stazione appaltante potrà adottare i provvedimenti sanzionatori previsti dal capitolato.
Resta fermo il principio che non si configura inadempimento ove l’applicazione della clausola sociale non garantisca il totale reimpiego del personale per ragioni organizzative.
A questo punto, sorge spontaneo un interrogativo: le Linee Guida (peraltro, definite da ANAC stessa “non vincolanti”) possono prevalere rispetto ad una fonte legislativa ? A nostro parere, la risposta è NO.
Il Codice degli appalti pubblici, seppure perfettibile, ha rafforzato le garanzie occupazionali e contrattuali collettive: seppure interpretabile, la norma (art. 50 in particolare) appare chiara.
Inoltre, la contrattazione collettiva in molti settori ha stabilito norme precise che vanno difese e, preferibilmente, introdotte nei CCNL dei settori dei committenti. Non va, infine, trascurata la portata dell’art. 29 riformato del DLgs. n. 276/2003 che amplia la configurazione del cambio di appalto quale trasferimento di ramo di azienda. Da ultimo, occorrerà seguire sul punto l’evoluzione giurisprudenziale.
Tutte queste strade vanno percorse al fine di recuperare le tutele indispensabili per i lavoratori degli appalti.
Scarica il documento Anac – Linee Guida n. 13 recanti “La disciplina delle clausole sociali” del 13 febbraio 2019