Denuncia dell’animatore sottopagato, Uiltucs: Vera piaga i contratti pirata
Alla luce della vicenda di Rimini, che ha visto un giovane animatore denunciare su TikTok condizioni di lavoro e di alloggio inaccettabili, la Uiltucs ha deciso di scrivere una lettera aperta per riportare l’attenzione sul vero nodo della questione: la piaga dei contratti pirata.
“Troppo spesso – spiega il segretario generale della Uiltucs Paolo Andreani – , dietro offerte di lavoro apparentemente regolari si celano contratti in dumping, stipulati da sigle non rappresentative, che applicano paghe e condizioni ben lontane da quelle previste dai contratti collettivi nazionali firmati da Uil, Cgil e Cisl”.
“Il caso di Rimini — continua Andreani – con una retribuzione che, dopo le detrazioni per vitto e alloggio, scende a circa 650 euro per 45 ore settimanali e alloggi privi di standard minimi, è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno – conclude il segretario – che colpisce soprattutto i giovani e alimenta precarietà, incertezza e sfruttamento”.
Lettera aperta della Uiltucs
Oggetto: La vicenda di Rimini: il vero problema non è la generazione TikTok, ma la piaga dei contratti pirata.
La vicenda del giovane animatore di Rimini e del suo video di denuncia su TikTok ha scatenato un dibattito acceso e spesso fuorviante. Come Uiltucs, abbiamo seguito con profonda attenzione le diverse posizioni emerse, ma sentiamo il dovere di riportare la discussione sulla sua vera essenza: la tutela dei diritti e della dignità del lavoro, soprattutto per le nuove generazioni.
Ascoltare poi le parole di chi, come Luca Bizzarri, vive e lavora nel mondo della comunicazione e della satira, ci lascia a dir poco perplessi: minimizzare o addirittura attaccare la forma di espressione scelta dal giovane per esprimere il proprio disagio ha dell’incredibile e denota una sorprendente miopia. I mezzi di comunicazione, da TikTok ai social media in generale, sono semplicemente il frutto dei tempi in cui viviamo. Sono strumenti, e come tali, possono essere utilizzati per informare, per denunciare, per creare consapevolezza. Criticare la modalità di espressione è un tentativo di deviare l’attenzione dal contenuto della denuncia stessa.
E ancora lasciarsi andare, ricordando con nostalgia una gioventù passata, caratterizzandola con sole battute sessiste, non risolve la questione e soprattutto rischia di generalizzare il contesto. Non tutti i giovani sono uguali, e non tutti gli adulti lo sono. In questo Paese, c’è chi ogni giorno si batte con forza per la legalità, per garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e, soprattutto, per l’applicazione dell’Articolo 36 della Costituzione, che sancisce il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Il vero problema di questa storia, e di molte altre simili, non è affatto il video su TikTok del giovane neolaureato, che ha denunciato una paga che, dopo le detrazioni per vitto e alloggio, ammontava a 650 euro, e un alloggio definito “da schifo”, mostrando foto di un bagno con ampie macchie di muffa. Il vero problema, in questo Paese, è la corretta applicazione contrattuale. All’imprenditore di Rimini che ha dichiarato che il contratto applicato prevede una paga base di 1307 euro lordi, per un massimo di 45 ore settimanali, a cui vengono detratti i costi del “comfort pack” (vitto e alloggio), che portano ad una retribuzione di circa 650 euro, chiediamo di dare evidenza del contratto applicato e della sottoscrizione dello stesso. A leggere le dichiarazioni dell’imprenditore si ha l’impressione che il contesto in cui sia maturato l’episodio in questione sia quello dei contratti in dumping, o contratti pirata, che rappresenta per tutto il mondo del lavoro una sfida cruciale. Sebbene ci si appelli a presunti “contratti nazionali sottoscritti da cinque aziende del settore”, le pratiche di estese detrazioni – come quelle applicate per il “comfort pack” che include vitto e alloggio – trasformano di fatto il salario da dignitoso a tutt’altro. Va detto inoltre che questo non è affatto il salario, ne tantomeno l’orario (45 ore settimanali), previsto dai contratti nazionali siglati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative come CGIL, CISL e UIL e che il sistema di detrazioni realizzato da questo fantomatico contratto, si traduce in una retribuzione che sfiora lo sfruttamento.
È questo che genera un clima di incertezza, precarietà e sfruttamento, che allontana le ragazze e i ragazzi dal lavoro. Non sono le denunce a spaventare i giovani, ma le condizioni inaccettabili di lavoro e di vita che le denunce rivelano.
Come Uiltucs, crediamo fermamente che alle giovani e ai giovani di questo tempo dobbiamo guardare con speranza e fiducia. Dobbiamo sapere che spetta a noi indicare la strada, noi siamo gli adulti e su di noi devono poter contare. Dobbiamo uscire dall’individualismo sfrenato che ci ha portato a queste derive e costruire insieme un futuro con spirito di solidarietà in cui il lavoro sia un diritto e in cui la dignità e la sicurezza siano garantite a tutte e tutti.
Samantha Merlo, segretaria nazionale Uiltucs