Metro Italia, presentata Agenda 2020. Critiche su organizzazione del lavoro
Il 25 ottobre 2017 si è svolto l’incontro con Metro Italia Cash&Carry. Come da rituale ormai consolidato l’impresa ha presentato gli obiettivi di Agenda 2020 (progetto creazione valore) con particolare riferimento al mercato dell’horeca e ribadendo la centralità del C&C per l’impresa.
L’azienda ha investito nella rete vendita circa 18 milioni di euro e 15 milioni per l’efficientamento. In particolare sui punti vendita di Bari, Catania, Lecce e Verona, l’impresa dichiara un netto miglioramento se pur Verona presenta ancora alcune criticità.
Il fatturato dell’impresa resta grosso modo in linea con l’anno precedente, ormai il calo del fatturato sugli SCO e sui Trader è sempre minore in quanto i crolli vertiginosi si sono registrati negli anni passati ed è compensato da un esiguo numero di nuovi clienti sull’horeca (circa 500) su tutto il territorio nazionale.
Dal confronto è emersa una probabile criticità sul raggiungimento del salario variabile. Gli obiettivi di vendite posti dall’impresa sono stati eccessivamente ambiziosi rispetto agli andamenti del mercato e la rilevazione della soddisfazione del cliente non ha dato i risultati attesi, sono emerse particolarmente negative le valutazioni dei clienti sui prezzi e sulla fatturazione.
Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno richiesto all’impresa di integrare i dati forniti con quelli di tutti i punti vendita compresi quelli non sindacalizzati e la dimensione progressiva dello spostamento dei clienti A e B verso la delivery.
Preoccupa la possibilità che il processo di terziarizzazione della delivery e lo spostamento dei clienti A e B possa determinare criticità nel C&C.
Le parti hanno inoltre preso atto della chiusura del punto vendita di Mantova e del conseguente accordo che a livello locale è stato fatto. Le organizzazioni sindacali hanno ribadito l’assurdità di un comportamento dell’impresa che continua ad annunciare esuberi e chiusure con preavvisi minimi che impattano fortemente sui lavoratori interessati, determinando un clima di incertezza in tutta l’impresa.
Nello stesso incontro è stato possibile confrontarsi con l’impresa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. È emerso che circa un quarto degli infortuni è dovuto alla movimentazione dei carichi e alle mansioni di taglio dei prodotti nei reparti freschi e freschissimi.
I sindacati hanno chiesto all’impresa di prevedere azioni mirate volte a ridurre questi infortuni. Hanno inoltre denunciato che troppo spesso nei punti vendita c’è una scarsa attenzione al rispetto delle procedure, fatto salvo i periodi immediatamente successivi a incidenti.
I sindacati, nel richiamare ad una maggiore attenzione impresa e lavoratori, denunciano che gli obiettivi di produttività distolgono la gestione dei punti vendita dall’attenzione sulla salute e sicurezza.
Da ultimo i rappresentanti dei lavoratori hanno invitato l’impresa ad individuare una procedura che consenta di aprire il cassetto in caso di rapina, l’attuale sistema espone le cassiere ad un rischio altissimo che denunciamo ormai da mesi.
L’azienda si è invece sottratta alla discussione sull’organizzazione del lavoro venendo meno a quanto previsto dal contratto integrativo aziendale. A domanda specifica sulla crescente richiesta di flessibilità nei punti vendita che è emersa anche in alcuni incontri territoriali, l’impresa ha dato risposte assolutamente generiche.
È stata negata l’esistenza del ruolo di Jumper, fingendo quindi che non sia stata proprio l’impresa ad appellare con questo termine le lavoratrici ed i lavoratori su cui ricadono le maggiori flessibilità organizzative.
Inoltre nessuna risposta è stata data sul fatto che in molti punti vendita viene richiesta una programmazione delle ferie in deroga alle previsioni contrattuali, metodo che i sindacati hanno contestato.
L’incontro si è concluso in modo del tutto insoddisfacente e con il malcontento della delegazione sindacale sui temi inerenti l’organizzazione del lavoro.