Al via la consultazione sul rinnovo CCNL Terziario
Sintesi della relazione introduttiva del Segretario Nazionale UILTuCS Marco Marroni all’Assemblea nazionale dei delegati e delle strutture di Filcams, Fisascat e UILTuCS tenutasi a Roma il 14 aprile 2015, che ha avviato la consultazione sull’ipotesi di rinnovo del CCNL del Terziario siglata con Confcommercio il 30 marzo 2015.
Quando ieri sera mi è stato comunicato che avevo il compito di aprire i lavori di questa Assemblea nazionale il mio pensiero è corso a due anni fa, quando insieme a Maria Grazia Gabrielli e Ferruccio Fiorot cominciammo a definire i temi e gli argomenti da porre al centro della piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto. Allora – come oggi – la situazione economica presentava un quadro di forte difficoltà e crisi, con una spiccata contrazione dei consumi. Era inoltre recente l’evento negativo costituito dalla accresciutasi frammentazione delle controparti datoriali, con la fuoriuscita di Federdistribuzione dalla Confcommercio, che spinse le nostre Federazioni di categoria a percorrere la via complessa della definizione di un’unica piattaforma da indirizzare a tutte le controparti (Confcommercio, Federdistribuzione e Confesercenti), e compresa la Cooperazione, anche con il coinvolgimento dei colleghi incaricati di seguire questo sottosettore, Di Labio (Filcams), Dell’Orefice (Fisascat) e Paolo Andreani. E le difficoltà insite nel percorrere questa scelta necessaria di condivisione di un percorso che portasse ad un’unica piattaforma era ulteriormente accresciuta dalla circostanza, certo non trascurabile, che venivamo da ben due rinnovi del CCNL che non avevano realizzato una sintesi unitaria tra le tre Federazioni sindacali coinvolte sul tavolo della Confcommercio.
Sapevamo per altro che, una volta concluso questo sforzo, non ci avrebbe atteso un percorso facile. Nella relazione che svolsi agli Esecutivi Unitari di Filcams, Fisascat e UILTuCS del 18 giugno 2013, incaricati di licenziare l’ipotesi definitiva di piattaforma rivendicativa, i tre punti che ho appena richiamato venivano ripresi puntualmente. In quella relazione avevo tentato di delineare i termini di una piattaforma che qualcuno definì giustamente “al passo coi tempi”, e in essa sottolineai anche la necessità che – sia pure nel contesto difficile in cui ci saremmo trovati ad operare – non fosse opportuno compiere alcuni errori d’impostazione:
1. Farsi tentare dalle sirene di Federdistribuzione e difendere invece il valore dell’unicità del sistema bilaterale previsto dal contratto nella sua generalità, nella consapevolezza altresì che questo stesso sistema andasse riformato e adeguato ai tempi e alle mutate condizioni normative;
2. Evitare scambi impropri sul salario, ossia non accettare di togliere con la mano sinistra quanto si sarebbe potuto ottenere dalla destra, intervenendo con delle partite di giro che ponessero in discussione alcuni istituti contrattuali (gli scatti d’anzianità, le mensilità supplementari), mentre nel contempo avevamo la necessità di salvaguardare la base di calcolo convenzionale per il calcolo degli aumenti retributivi, non prendendo a riferimento i soli minimi tabellari, che è parte della strategia contrattuale delle nostre Federazioni da quasi 20 anni;
3. Evitare aggravi di costi di piattaforma intervenendo sulle partite normative (mercato del lavoro e orario di lavoro, innanzitutto).
Al termine di 15 mesi di negoziato, il 30 marzo passato, siamo giunti alla sigla dell’ipotesi di rinnovo di cui oggi inizia la fase di consultazione. E’ un buon risultato. Tralascio di ricordare i momenti complessi che la vicenda contrattuale ha attraversato, il ruolo di interdizione svolto deliberatamente e consapevolmente da Federdistribuzione, che comunque ha pesato, la possibilità che qualcuno intravedeva di poter chiudere il negoziato già a luglio dell’anno passato. Non lo si è fatto perché la scelta di partire uniti e – soprattutto – arrivare uniti ha prevalso su ogni altra considerazione. Questo ci ha permesso di siglare il primo CCNL unitario dopo 11 anni. L’ipotesi sottoscritta deve essere valutata sul merito dei suoi contenuti e alla luce del contesto in cui è stata raggiunta, non sulla scorta di vuote asserzioni di principio.
1. Si tratta di un rinnovo “di basso profilo”, come si è sentito dire? Non sono d’accordo. Si, forse, se guardiamo ai “grandi contratti” del 1990 e del 1996 potrebbe apparire uno iato. Ricordo ad esempio che l’Assemblea analoga a quella odierna chiamata a valutare il rinnovo del 1996 che consisteva in un solo incremento salariale di 144 mila lire, ossia circa 74 euro, fece seguire alla relazione introduttiva un’autentica ovazione generalizzata di approvazione. Altri tempi, altri anni, un’altra Italia. Io penso che quello siglato a marzo sia un ottimo CCNL tenuto conto delle condizioni e al quadro generale in cui si è realizzato. Ad una piattaforma “adeguata ai tempi” è corrisposta un’intesa adeguata ai tempi, che nel frattempo non sono migliorati: la crisi economica è proseguita, per certi versi si è anche aggravata, la ripresa economica stenta, e poi da ultimo anche il Governo ci ha messo del suo con gli interventi sul mercato del lavoro, l’articolo 18, gli ammortizzatori sociali, e con le ulteriori misure che è sua intenzione introdurre. La migliore replica a tali atti del Governo è quella di dare certezze e risultati concreti ai lavoratori innanzitutto facendo il nostro lavoro, ossia rinnovando i contratti.
2. Nell’ipotesi viene avviata la riforma del sistema della bilateralità, per altro sulla scorta degli accordi sulla governance siglati negli anni passati con la Confcommercio, una riforma quanto mai necessaria dopo 25 anni, giacché oggi la bilateralità, o almeno alcune sue forme, appare spesso – al nord come al sud del Paese – non più adeguata alle nuove esigenze.
3. Si sono realizzati degli interventi limitati sul mercato del lavoro, poco più che aggiustamenti, anche alla luce e a causa degli interventi governativi.
4. Si è realizzata per la prima volta una classificazione specifica per il comparto delle aziende della comunicazione e informatica, profondamente innovativa anche in quanto non si limita ad inserire meccanicamente e casualmente figure professionali nuovi nel vecchio impianto classificatorio, bensì percorre la strada di una classificazione specifica che prende a base le tipologie professionali previste in sede comunitaria e comunemente adottate in tutta Europa. Per di più va detto che si tratta del primo consistente intervento sulla classificazione del personale dopo oltre 25 anni.
5. Si è realizzata una limitata riforma, un aggiornamento, dei regimi di flessibilità multiperiodale, che a ben vedere è l’unico elemento di scambio, che altresì secondo me aveva palesemente bisogno di aggiustamenti, dopo gli ultimi interventi realizzati su questa materia nel 1999, che si prefiggevano di estendere le opportunità della contrattazione di secondo livello su questa materia e che in 16 anni non sono stati mai applicati.
E poi c’è il salario, dove abbiamo registrato un buon risultato, un risultato equo. Sarebbe facile sottolineare che questa volta abbiamo “chiuso sopra i bancari”, giacché fino a prova contraria 85 euro per 14 mensilità sono di più che 85 euro per 13 mensilità, ma non è questo il punto. C’è chi ha voluto polemizzare definendo questo aumento salariale “fuori dai tempi” e in contraddizione con la situazione di crisi che attraversa il Paese e il settore commerciale. Io comprendo che il Presidente di Federdistribuzione debba espiare la colpa atavica di aver a suo tempo patteggiato la retrocessione della Juventus coinvolta nello scandalo di calcio-scommesse, ma non comprendo perché a pagarla dovremmo essere noi e i lavoratori del commercio, della grande e della piccola distribuzione. Vediamo cosa dicono i numeri:
1. L’incremento conseguito nel 2011 era pari al 5,6% della base di calcolo convenzionale adottata fin dal 1994 in occasione dei rinnovi del CCNL del Terziario;
2. Nel quadriennio 2011-2014 l’inflazione è stata pari al 7%, malgrado che nell’ultimo anno essa sia stata praticamente a zero, dal che sarebbe derivata la necessità di un recupero dell’1,4% per ripristinare il potere d’acquisto iniziale delle retribuzioni;
3. Il nuovo incremento di 85 euro a regime comporta un aumento del 5,4% della retribuzione convenzionale aggiornata, ossia un incremento del 4% netto nel triennio una volta tolto l’1,4% di recupero, e si tratta di un dato assolutamente adeguato e credibile se l’inflazione, oggi praticamente assente, tornerà moderatamente a salire per effetto degli interventi adottati dalla Banca Centrale Europea. Si tratta per questo di un incremento salariale equo e plausibile realizzato senza “mercimoni”.
Ora si tratta di andare avanti. Avanti con la consultazione per l’approvazione e la successiva ratifica dell’ipotesi d’intesa raggiunta, organizzando dove possibile attivi unitari, anche con la presenza delle Segreterie Nazionali dove le strutture lo ritengano opportuno, e assemblee unitarie nei luoghi di lavoro. Ci sono poi le condizioni per estendere quanto conseguito anche alla Cooperazione, con gli opportuni adattamenti da operare alla luce di quella che comunemente definiamo “la distintività cooperativa”. Francamente non vedo le ragioni per cui anche i lavoratori della cooperazione non si vedano riconosciuti presto gli 85 euro di aumento. Evidentemente più complesso il quadro del confronto con Federdistribuzione. Anche su quel tavolo credo però che sapremo e dovremo conservare la spinta unitaria per respingere l’attacco che questa associazione ci ha mosso, e a fronte del quale non si può escludere la necessità di procedere anche in tempi ravvicinati ad iniziative di ulteriore mobilitazione.
E infine voglio sottolineare un ulteriore valore del nuovo contratto per i settori affini a quello del terziario che si trovano ancora impegnati nei loro rinnovi, come i pubblici esercizi, le mense e le strutture alberghiere aderenti a Confindustria. Con questo rinnovo si è rotto l’isolamento in cui era precipitato il rinnovo del contratto con Federalberghi realizzato un anno fa e si sono create le condizioni per una concreta riapertura del negoziato, anche sotto la spinta della mobilitazione a cui siamo chiamati nelle prossime ore, con lo sciopero nazionale del turismo di domani.