Interrotto senza esito il confronto con Auchan
Il confronto avviato con Auchan a livello nazionale con l’incontro del 25 febbraio e proseguito nella giornata del 4 marzo, si è purtroppo interrotto ieri senza esito.
In apertura della riunione l’Azienda ha dichiarato di voler comprendere in via definitiva se esistessero le condizioni per giungere ad un’intesa in grado di ridurre al minimo gli impatti occupazionali delle misure indispensabili a determinare una riduzione del costo del lavoro per rimettere in riga l’andamento economico dell’azienda, che in caso contrario sarebbe stata costretta ad adottare unilateralmente e in via generale, anche alla luce del fatto che nelle ultime settimane i confronti a livello locale si sono interrotti. Avendo colto il 4 marzo una disponibilità da parte di tutte le OO. SS. a mettere mano al contratto integrativo aziendale e ad affrontare una procedura di mobilità che avesse carattere volontario e incentivato, l’Azienda ha proposto come termini di una possibile intesa: a) sospensione del contratto integrativo aziendale in ogni sua parte; b) definizione di una procedura di mobilità incentivata sull’intero perimetro aziendale avente i presupposti della volontaria adesione delle persone; c) un accordo a sostegno della mobilità volontaria che prevedesse l’abbassamento di un livello dell’inquadramento di tutto il personale come misura transitoria al centro-nord e strutturale al sud, nonché per un anno la sospensione del pagamento della quattordicesima mensilità.
La Fisascat ha dichiarato di giudicare troppo ambizioso l’obiettivo che l’azienda intende perseguire, ossia ridurre di circa 50 milioni di euro il costo del lavoro riducendo il reddito delle persone. Pur ribadendo la convinzione che fosse necessario fare qualcosa per invertire la tendenza in atto sui conti aziendali, le proposte avanzate dall’azienda erano molto difficili da accettare. Inoltre, un accordo su questi temi non poteva essere che unitario, per realizzare il quale era indispensabile pensare a strumenti d’intervento diversi da quelli proposti. Infine si riteneva utile l’indicazione puntuale del numero e della distribuzione degli esuberi.
La Filcams ha dichiarato di non registrare avanzamenti rispetto all’incontro precedente. Da parte sua si riteneva opportuno che si facesse ricorso agli ammortizzatori sociali conservativi anche in tutti i magazzini in cui ciò non sia già accaduto, riservando eventuali misure aggiuntive solo a quei punti vendita in cui ciò non fosse più possibile. Nel condividere la richiesta della Fisascat di pervenire ad una formalizzazione della quantità e distribuzione degli esuberi, alla luce del fatto che si rileva una mancanza di confronto circa il nuovo modello organizzativo che l’azienda intende adottare e da cui detti esuberi scaturiscono, la Filcams ha ribadito di non avere preclusioni a intervenire sul contratto integrativo aziendale, ma di essere preoccupata per come ciò dovrebbe avvenire, in quanto alcuni suoi elementi sono intangibili ad opera di un accordo sindacale, e in particolare di un accordo nazionale, mentre nelle situazioni locali di maggiore e reale sofferenza si potrebbe pensare a specifiche misure ulteriori e più incisive, condivise a livello locale.
Come UILTuCS abbiamo ribadito che fin dal primo momento avevamo dichiarato la nostra disponibilità a fare ogni sforzo possibile per evitare l’apertura unilaterale di una procedura di mobilità da parte dell’azienda, che data la situazione esistente non avrebbe riguardato solo alcune aree o situazioni locali, ma la generalità dell’impresa in tutte le sue articolazioni. Abbiamo poi ribadito che ritenevamo corretto che le misure da adottare venissero definite nella loro grandi linee a livello nazionale, e poi adattate alle singole situazioni locali, per non scaricare sulle strutture periferiche delle OO. SS. e dei punti vendita la responsabilità di trovare le possibili soluzioni al di fuori di un quadro di riferimento nazionale. Le proposte avanzate dall’azienda appaiono però oltremodo gravose. Fin dal primo incontro avevamo dichiarato che intervenire sul contratto integrativo aziendale, e in particolare sulla platea di lavoratori che ancora godono dei trattamenti previsti a suo tempo dal contratto Rinascente, ci sembrava difficile e che prevedere un sottoinquadramento generalizzato del personale era misura estremamente delicata. Ciononostante, pur di evitare l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo, saremmo stati disposti a discuterne, e avremmo semmai posto alcuni quesiti e condizioni sul merito, circa il fatto che tali interventi non potevano essere che universali, ossia che i sacrifici in termini retributivi avrebbero dovuto riguardare tutti, dai direttori all’ultimo fattorino, sia per quanto concerneva la retribuzione, sia per quanto riguardava i livelli. E non avremmo mai accettato misure discriminatorie nei confronti dei lavoratori di determinate aree geografiche. Ma tutto questo sembra essere inutile alla luce del fatto che le condizioni per un’intesa unitaria su tali temi appaiono inesistenti.
Auchan in replica ha dichiarato che il numero degli eventuali esuberi non sarebbe allo stato rilevante, giacché era loro intenzione muoversi nel quadro di una procedura di mobilità incentivata fondata sul criterio esclusivo della volontarietà. In mancanza di un’intesa al riguardo sarà loro dovere indicare puntualmente la dimensione e la distribuzione degli esuberi, che saranno comunque in ogni articolazione dell’azienda. L’Azienda ha inoltre dichiarato che la via dei confronti a livello locale non è più praticabile alla luce dell’urgenza con cui è chiamata ad adottare misure strutturali per la riduzione di tutti i costi, compreso il costo del lavoro, per garantire la stessa sopravvivenza aziendale. Ragione per cui l’esito infruttuoso del confronto non avrebbe potuto che portare anche alla disdetta del contratto integrativo aziendale, oltre che all’avvio di una procedura di mobilità.
A questo punto la Fisascat ha dichiarato che le misure proposte dall’azienda presentano il limite di essere poco solidali, in quanto una platea di persone – i dipendenti coi trattamenti ex-CIA Rinascente – sarebbe stata penalizzata più di altri. Sarebbe stato meglio pensare ad una riduzione percentuale uguale per tutti, magari riducendone l’impatto previdenziale e contributivo. Inoltre si sarebbe potuto intervenire sull’orario di lavoro nelle singole situazioni locali, pur essendo consapevoli che tutto ciò non sarebbe comunque sufficiente a realizzare i risparmi che l’azienda si propone di conseguire.
La Filcams da parte sua ha dichiarato che i tre incontri svolti non hanno portato a sviluppi, intravedendo di conseguenza pochi margini per raggiungere un’intesa. Riconoscendo all’azienda la linearità assoluta della proposta avanzata, la Filcams ha affermato che permane una distanza incolmabile sulle valutazioni di principio, con il pericolo aggiuntivo di sottovalutare quanto fatto a livello locale negli anni passati. Anche da ciò deriverebbe il rischio di un’ulteriore assunzione di responsabilità da parte del sindacato. In presenza di margini di mediazione ridottissimi, la Filcams ha dichiarato di non essere in grado di affrontare i punti posti sul tavolo dall’azienda, in cui ravvede uno schema blindato: sospensione del contratto integrativo, procedura di mobilità volontaria e deroghe. Sulla base di questo schema la Filcams ha dichiarato l’inutilità di proseguire nel confronto. Eventualmente, qualora margini ci fossero stati, si sarebbe potuto comunque definire esclusivamente un pannello di misure generali da declinare obbligatoriamente a livello locale.
In conclusione, come detto in apertura, il confronto sul tavolo nazionale si è in questo modo interrotto e non è prevedibile una sua ripresa. Le Parti non si sono ulteriormente aggiornate. E’ per altro estremamente probabile che da parte dell’azienda già nelle prossime settimane possa essere dato luogo ad atti ed iniziative unilaterali, sia su scala nazionale (disdetta del contratto integrativo aziendale e avvio di una procedura di licenziamento collettivo, cui non si potrà mancare di fornire adeguata risposta, auspicabilmete in termini unitari) che a livello locale, in particolare in quelle situazioni in cui sono venuti ad esaurimento gli ammortizzatori sociali conservativi utilizzati in passato. In questo secondo caso raccomandiamo alle strutture territoriali della UILTuCS che dovessero essere coinvolte di non escludersi dal confronto e di mantenere una condotta coerente con l’esigenza di cercare con ogni strumento di procedere alla salvaguardia dei livelli occupazionali, evitare i licenziamenti, impedire ulteriori dismissioni/cessioni di punti vendita, definendo soluzioni solidaristiche operanti sull’intero personale del punto vendita, senza eccezione alcuna.
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