Jobs Act: operative le prime misure
Diventano operative le prime misure in materia di mercato del lavoro varate dal Governo Renzi.
E’ stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo del Decreto Legge n. 34 del 20 marzo 2014, contenente “disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”.
Il decreto contiene alcune importanti novità in materia di contratti a termine, apprendistato e contratti di solidarietà, con l’intento – dice il Governo- di “renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nazionale e internazionale”.
Le nuove norme sono immediatamente operative (dal 21 marzo 2014) e quindi possono fin da subito essere utilizzate dalle imprese; tuttavia il decreto passa ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge e potrebbe subire delle modifiche.
Sui temi relativi al riordino delle tipologie contrattuali, agli ammortizzatori sociali, al contratto a tutele crescenti, all’eventuale salario minimo di legge il governo si è preso un tempo più lungo, scegliendo la strada della legge delega.
Veniamo ora all’analisi dei contenuti del decreto, con particolare attenzione agli istituti del contratto a termine, dell’apprendistato e del contratto di solidarietà.
1) Contratto a tempo determinato
Nella relazione per la conversione in legge del decreto, il governo scrive di aver introdotto nuove disposizioni “con l’obiettivo di facilitare il ricorso a tale tipologia contrattuale”.
Nei fatti si tratta di una significativa liberalizzazione dei contratti a termine; questo è quanto si ricava dalla lettura del testo del Decreto n. 34, coordinata con tutte le modifiche apportate al Decreto Legislativo n. 368 del 2001, compresa la legge n. 99 del 2013 (riforma Giovannini).
La novità più sostanziosa consiste nella eliminazione generale delle ragioni che giustificano la stipula del contratto di lavoro a tempo determinato: infatti non sono più previste le “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” come presupposto necessario all’assunzione e termine.
Il Decreto Legge n. 34 riscrive il comma 1, articolo 1 del Decreto Legislativo n. 368/2001, generalizzando il contratto cosiddetto acausale, introdotto dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012); ai datori di lavoro, in altre parole, non sarà più richiesto di indicare, nel contratto di assunzione a termine, le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che stanno alla base dell’apposizione del termine al contratto di lavoro; la “acausalità” non è più quindi ristretta al primo contratto di lavoro tra le parti entro il termine massimo di 12 mesi, ma può essere esercitata in ogni caso dal datore.
Tale regola vale anche per i contratti di somministrazione a termine (ex lavoro interinale).
Permane l’obbligo di esplicitare per scritto, sul contratto di assunzione, il termine del rapporto di lavoro; in assenza di atto scritto, il termine al rapporto di lavoro è da considerarsi privo di effetto.
I limiti alla stipula del contratto a termine consistono nella durata massima di 36 mesi, comprensivi di proroghe, e nel numero complessivo di contratti a termine a cui può ricorrere il datore di lavoro, che non può superare il limite del 20% dell’intero organico.
Diversa è invece la soglia stabilita per le piccole imprese: fino a 5 dipendenti sarà in ogni caso possibile assumere un contratto a termine.
Qualora la contrattazione collettiva in essere già preveda percentuali massime rispetto all’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato (maggiori o minori del 20%), tali clausole mantengono la loro efficacia; il decreto infatti non ne prevede la decadenza.
Cambia infine anche la disciplina della proroga del contratto a termine. Finora il contratto a termine poteva essere prorogato una sola volta, se la durata iniziale era inferiore a tre anni, e a condizione che la proroga fosse richiesta da “ragioni oggettive”; per effetto del Decreto n. 34, che riscrive il comma 1, articolo 4 del Decreto Legislativo n. 368/2001, le proroghe sono ammesse fino ad un massimo di 8 volte, sempre che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato e sempre per una durata complessiva non superiore a tre anni.
2) Apprendistato
L’obiettivo dichiarato dal Governo è quello di semplificare la disciplina dell’istituto dell’apprendistato, al fine di favorire la diffusione di questa tipologia contrattuale, con particolare riguardo all’apprendistato di tipo professionalizzante.
Le novità introdotte dal Decreto n. 34 riguardano il piano formativo, le percentuali di stabilizzazione e la formazione di base e trasversale di competenza delle Regioni.
Questo il contenuto delle nuove misure:
• piano formativo: è stato abolito l’obbligo di redigere in forma scritta il piano formativo dell’apprendista; l’obbligo della forma scritta rimane dunque solo per il contratto e per l’eventuale clausola di prova;
• percentuali di stabilizzazione: sono stati aboliti i commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 167/2011 (testo unico dell’apprendistato); in altre parole è stata abolita la percentuale di legge di stabilizzazione degli apprendisti, come condizione per l’assunzione di ulteriori lavoratori in regime di apprendistato; tale percentuale era stata introdotta dalla riforma Fornero (Legge n. 92/2012), ed era fissata al 30% per i primi tre anni successivi all’entrata in vigore della riforma e al 50% per i successivi; ricordiamo peraltro che la contrattazione collettiva nei settori di pertinenza della UILTuCS (tra gli altri commercio e turismo) già disciplinava le percentuali di conferma, individuandole in soglie ben più alte di quelle previste dalle legge; tali soglie “contrattuali” rimangono a nostra opinione “vive” anche dopo le nuove disposizioni del Decreto n. 34;
• formazione di base e trasversale: la formazione di base e trasversale dell’apprendista, disciplinata e offerta dalle Regioni, non è più obbligatoria ma facoltativa; al comma 3, articolo 4, D.Lgs. n. 167/2011 (testo unico dell’apprendistato) si dice ora che la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere “può essere integrata” (in luogo di “è integrata”) dalla offerta formativa pubblica; la novità è finalizzata a superare il problema delle numerose e diverse disciplinedell’apprendistato in tema di offerta formativa pubblica, problema particolarmente sentito dalle aziende multilocalizzate.
3) Contratti di solidarietà
Il Decreto n. 34 prevede lo stanziamento aggiuntivo di 15 milioni di euro per i contratti di solidarietà; tale stanziamento non riguarda però tutti i contratti di solidarietà, ma solo quelli difensivi di tipo A), ovvero quelli attivabili dalle imprese che cadono nel campo di applicazione della CIGS.
Un decreto congiunto tra ministero del Lavoro e dell’Economia dovrà fissare i criteri per l’accesso e il riconoscimento dei benefici contributivi previsti in decreto.
Permangono pertanto, allo stato attuale, le problematiche emerse di recente in riferimento ai contratti di solidarietà difensivi di tipo B), che sono attivabili dai datori di lavoro esclusi dal campo di applicazione della CIGS (aziende del terziario non commerciali, del turismo…): questa tipologia di contratto di solidarietà è infatti normativamente viva, ma le risorse a disposizione per il 2014 sono già esaurite.
Nell’ambito del confronto col Governo sul tema generale degli ammortizzatori sociali (ammortizzatori in deroga), sarà quindi necessario porre anche il tema del rifinanziamento dei contratti di solidarietà difensivi di tipo B).
Ci sono diversi quesiti interpretativi ed applicativi che sorgono dalla lettura del Decreto Legge n.34 appena varato dal Governo; rimaniamo in attesa di eventuali chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro, dei quali vi daremo tempestivamente conto.
Segnaliamo peraltro che qualche commentatore ha sollevato perplessità in riferimento ai contratti di apprendistato (sul tema dell’obbligo formativo di tipo trasversale e di base) e ai contratti a termine (per la parte relativa alla reiterazione dei contratti), in particolare per quanto concerne la coerenza delle nuove misure con le direttive europee in materia.
Come anticipato in premessa, dobbiamo infine ricordare che le misure introdotte dal decreto potranno essere modificate nel percorso di conversione in legge del decreto stesso, ad opera del Parlamento. In assenza di conversione il decreto legge infatti decadrebbe.
Foto: barbadillo.it