Uiltucs svela: “Glovo, far west digitale. Spuntano app con il trucco”

Concorrenza sleale tra i rider. Denuncia del sindacato, chiesto incontro urgente contro i furbetti che usano le prenotazioni automatizzate
Far west digitale in Glovo, con una nuova e poco rassicurante realtà che causa concorrenza sleale, caos sul lavoro dei rider e soprattutto un’inutile e dannosa guerra tra poveri: il proliferare di applicazioni che consentono la prenotazione automatizzata di turni di lavoro, dietro un pagamento mensile, o una tantum, ad alcuni sviluppatori. Personaggi, questi, che gestiscono i loro business su chat Telegram, store di app o su siti web.
È dall’uso di queste app con il trucco che si scatena il far west digitale denunciato dalla Uiltucs, sindacato che si occupa dei diritti dei lavoratori della Gig economy, rider compresi.
Mentre la Commissione europea ha presentato una direttiva per i lavoratori delle piattaforme digitali, per garantire più tutele, maggiore trasparenza e tracciabilità degli algoritmi che regolano le app, in Italia affrontiamo l’ennesima “guerra tra poveri” nelle consegne di cibo a domicilio.
Glovo, chiamata in causa dal sindacato, ha garantito un confronto prima di Natale. Intanto queste realtà, come Reglov, Glovobot, LaFenice, Sushi Clicker, GlovIp imperversano. Infatti i loro software aggirano sistematicamente l’applicazione originale di Glovo creata per i rider, tramite un programma che, una volta installato sul proprio smartphone, consente ai rider “furbetti” di poter lavorare indisturbati in barba al ranking, alla disponibilità e all’anzianità di servizio dei colleghi ligi alle regole.
Il tutto, come spiega Mario Grasso della Uiltucs nazionale, nonostante “le indagini della Procura di Milano, i tavoli ministeriali a seguito della firma del protocollo nazionale tra Assodelivery e Cgil, Cisl e Uil in contrasto al caporalato e alle forme illecite di intermediazione digitale, e nonostante quanto previsto dai contratti delle aziende del food delivery e, in ultimo, la denuncia della Uiltucs di Rieti all’Ispettorato del lavoro e alla stessa Glovo”.
“A questi espedienti tecnologici, in teoria illeciti per le aziende della gig economy – incalza il sindacalista – si aggiungono la creazione e gestione di profili falsi, il prestito di account a persone che non hanno un contratto di lavoro con Glovo”.
Infine si trovano pratiche di concorrenza sleale sulle posizioni strategiche per prendere gli ordini (cosa tra l’altro già denunciata negli Stati Uniti, a Chicago, per Amazon Flex, l’app che consente di fare le consegne con la propria auto).
“Da diversi mesi – conclude Grasso – denunciamo questi stratagemmi a Glovo, ma non abbiamo mai avuto una risposta efficace. A parole mostra un impegno concreto per debellare questi fenomeni, ma non nei fatti. Abbiamo scritto all’Ispettorato del lavoro di Rieti, dove grazie alla nostra segreteria provinciale e ai tanti rider iscritti al sindacato abbiamo denunciato una situazione ormai sotto gli occhi di tutti. Glovo ci ha promesso un incontro prima di Natale: sarà l’occasione per fare il punto definitivo su tutto questo?”.