Salario minimo, direttiva Ue: i punti principali
La proposta di direttiva Ue sul salario minimo è stata presentata dalla Commissione europea ma non obbligherà i Paesi dell’Unione ad introdurlo.
Si punterà piuttosto a rafforzare la contrattazione collettiva spingendo quei Paesi dove oggi non arriva a coprire il 70% dei lavoratori a prevedere un quadro normativo “ad hoc” e un piano d’azione per promuoverla.
È quanto si legge tra l’altro nella bozza di proposta di direttiva della quale Ansa ha preso visione e che la Commissione Ue varerà domani.
In generale, la direttiva Ue ha lo scopo di garantire che i salari minimi siano fissati a un livello adeguato e che i lavoratori vi abbiano accesso, sotto forma di salario minimo legale o di retribuzione stabilita da contratti collettivi.
Ma la direttiva non impone alcun obbligo di introdurre un salario minimo legale negli Stati membri in cui non esiste, nel rispetto dei loro sistemi tradizionali.
Secondo una valutazione sull’impatto della direttiva, una migliore protezione del salario minimo porterà a una riduzione della povertà lavorativa e delle diseguaglianze retributive di oltre il 10% e alla riduzione del gap salariale tra uomini e donne del 5% in più.
L’aumento del costo della forza lavoro per le imprese sarà mitigato dall’aumento dei consumi dei lavoratori.
L’impatto negativo sull’occupazione dovrebbe rimanere sotto allo 0,5 % nella maggior parte dei casi. Gli Stati Membri avranno due anni per trasferire la direttiva in legge nazionale.